Riletture

Sistemi complessi e buona scuola

Strumenti per ballare con la complessità e lavorare con i futuri possibili

Lavorando all’organizzazione di un prossimo convegno su professioni artigiane e intelligenza artificiale (stay tuned: CAST Alimenti, 6 ottobre 2023) ho incrociato il volume di Roberto Poli Lavorare con il futuro. Idee e strumenti per governare l’incertezza, Milano, Egea, 2019.

Roberto Poli insegna Previsione sociale ed Epistemologia delle scienze sociali all’Università di Trento. Dal 2013 è titolare della prima cattedra Unesco sui sistemi anticipanti. È Presidente di AFI Associazione dei Futuristi Italiani.

Il volume offre una prospettiva metodologica di approccio al futuro e mette  a disposizione un set di strumenti di lavoro, una sorta di cassetta essenziale degli attrezzi per lavorare col futuro.

Secondo l’A. i modelli previsivi, validi sul breve periodo, semplicemente non funzionano con finestre intermedie e rispetto ai cambiamenti. (cfr. p.13). Siamo inseriti in sistemi interconnessi soggetti ad un’impennata di complessità. Questa complessità rende obsoleti e addirittura fuorvianti i sistemi previsionali basati su buon senso e probabilità statistica.

Ballare con i sistemi

L’unica possibilità che abbiamo è quella di “ballare con i sistemi” come hanno sostenuto Donella Meadows e Diana Wright nel volume del 1992 intitolato “Thinking in Systems: A Primer“.

In quel testo Meadows introduce il concetto di “dancing with systems” per descrivere un approccio alla gestione dei sistemi complessi che richiede una comprensione profonda delle loro dinamiche e interconnessioni. L’idea è che, anziché cercare di controllare o manipolare i sistemi complessi, è più efficace e sostenibile collaborare con essi, adattarsi alle loro caratteristiche e cercare di influenzarli in modo positivo.

A questo punto il compito fondamentale dei dirigenti è quello di anticipare il cambiamento e gestirlo sulla base di un’opinione sul futuro ed è difficile negare che molti dirigenti, se non la gran parte di essi, non hanno la minima idea di come gestire la crescente incertezza del futuro. (cfr. p.40).

“Chiunque affermi di sapere come andranno le cose millanta credito. Ciò non di meno, c’è qualcosa che posso fare per cercare di capire come potrebbero svilupparsi gli eventi. Posso scoprire alcuni futuri possibili che mi aiutino a tener presente i diversi modi in cui la realtà potrebbe articolarsi.” (p.14).

Lavorare con i futuri

La previsione tuttavia è solo uno degli aspetti del lavorare col futuro. Scrive ancor Poli: “Le nostre azioni generano e consumano futuro. Il che significa che il futuro dipende anche dalla nostra capacità di gestire le situazioni e di prendere le necessarie decisioni.” (cit. p.30). Se non vi è la possibilità di consumare futuro prendendo delle decisioni, quindi intervenendo sulle possibilità future, qualsiasi tipo di riflessione è una riflessione monca, è sostanzialmente un esercizio retorico.

I passi fondamentali per ‘lavorare con i futuri’ sono: scoprire (“Posso scoprire alcuni futuri possibili … le cose possono andare in modi diversi, se li vediamo possiamo provare a prepararci e a non farci travolgere dalle novità.”) anticipare (“Un comportamento anticipante è comunque più robusto di un comportamento reattivo”), prevedere (“d’altra parte, non vedo ragioni per escludere […] l’attività strettamente previsiva dal novero delle competenze del futurista. Casomai si tratta di sottolineare che il ricorso a modelli previsivi non è che una minima parte del lavoro del futurista. Parallelamente, sarebbe opportuno, per chiarezza metodologica e operativa, separare in maniera nitida le attività di scoperta, da quelle di anticipazione, dal momento che fanno uso di strumenti diversi e si pongono obiettivi distinti, percorrendo le fasi del prevedere, dello scoprire, dell’anticipare.” (p.17)

I debiti culturali nei confronti de Il Cigno Nero e Antifragile di  Nassim Nicholas Taleb e Pensieri lenti e veloci di Daniel Kahaneman, sono evidenti e riconosciuti, ma la riconoscenza culturale maggiore è nei confronti di Aurelio Peccei (1908-1984), suo maestro e ‘grande futurista italiano’ del quale nel Post scriptum ricorda la posizione:

“Siamo riusciti a migliorare la qualità degli atleti, dei cosmonauti e degli astronauti, di polli maiali e mais […] Tuttavia non abbiamo mai tentato seriamente di affinare la sua percezione della sua nuova condizione [dell’uomo], di rafforzare la sua coscienza della nuova potenza che possiede, di sviluppare il suo senso di responsabilità globali che gli incombono, e la sua capacità di valutare gli effetti delle sue azioni.” (p. 163).

Nuovo illuminismo ed interventismo delle scienze sociali

Gli strumenti per lavorare col futuro sono sicuramente un buon contributo metodologico per ‘lavorare col futuro’ ma l’elemento più appassionante nel libro di Roberto Poli è la rivendicazione della necessità della buona politica, il bisogno di indagare i fenomeni sociali con uno sguardo ed un respiro che rifugge dalla becera politica quotidiana di cui se ne hanno piene le tasche.

Non credo sia un caso che le riflessioni avvengano  all’interno della facoltà di sociologia dell’Università di Trento, di cui forse si ricordano gli esiti funesti del lavoro scientifico, ma che ancora, necessariamente,  segnalano la responsabilità degli intellettuali che non possono limitarsi alla speculazione metodologica.

Ecco alcuni passaggi cruciali:

“La consapevolezza che l’accelerazione è un processo di lungo corso rischia di nascondere la frattura che, a partire dagli anni Settanta, si è creata fra sottosistemi sociali che riescono a prendere ulteriormente velocità e sottosistemi sociali che sono entrati in apnea e non sono in grado di sostenere un’ulteriore accelerazione. Finanza, ricerca tecnologica e scientifica appartengono al primo gruppo; Politica, educazione e diritto al secondo.” (pp. 9, 10).

“Giunti a questo punto, bisognerebbe chiedersi se le democrazie rappresentative, così come le abbiamo conosciute, saranno in grado di reggere una società senza classe media. […] nessuno può escludere che le forme di democrazia finora sperimentate esauriscano le possibilità della democrazia rappresentativa.” (p.28).

“Il processo che sta maturando è una radicale mutazione che ha caratterizzato il XX secolo. […] In termini di quadro istituzionale, occorrerà riaprire il confronto su scopo e natura degli stati moderni. […] gli stati moderni sono il problema di oggi e saranno loro a portarci alla terza guerra mondiale.” (p.29)

“…il fattore che più ha il potenziale di scardinare la stabilità delle nostre società è la scomparsa della mobilità sociale. Il contratto sociale stipulato tra governanti e governati, nelle democrazie moderne, si basava proprio su questa premessa: sottoscrivo regole e meccanismi dello stato, eleggo i miei rappresentanti, pago le tasse e in cambio ho la possibilità di migliorare la condizione sociale mia e soprattutto dei miei figli. Senza la percezione di mobilità, il tessuto connettivo delle democrazie contemporanee si sfilaccia.”

La buona scuola

Il sistema di trasferimento delle conoscenze diventa cruciale per ricompattare la compagine sociale.

Il punto davvero critico della questione che dobbiamo affrontare e che politica, scuola e diritto funzionano oggi con modalità e all’interno di quadri concettuali risalenti a tre secoli fa.

“Consideriamo per esempio la struttura fondamentale del sistema scolastico. L’organizzazione per classi è riuscita con notevole successo a trasformare una popolazione, i contadini analfabeti, in una di operai, impiegati, alfabetizzati. Il meccanismo della classe segue la logica della catena di montaggio, tutti alla stessa velocità, coloro che i quali per qualche motivo sono più lenti, vengono espulsi. Coloro che sono più veloci e si annoiano e giocano ad attaglia navale. In una società in cui le catene di montaggio sono sparite persino da fabbriche, ha senso mantenere la stessa logica. Vogliamo cominciare a domandarci come democrazia, giustizia e formazione dovrebbero essere articolate per metterci nelle condizioni di provare ad affrontare le sfide del ventunesimo secolo.” (pp. 10-11).

Chi si occupa di scuola, di formazione di creazione e diffusione delle conoscenze ha, come ben avevano intuito gli Illuministi, in mano il futuro.

La politica intesa come marketing del consenso è giunta al suo limite. Il blocco dell’ascensore sociale sta caricando le molle di una deflagrazione latente. Le diseguaglianze spudorate alimentano una pressione interna del sistema che  può essere scaricata solo da una buona politica che abbia tra i suoi obiettivi una buona scuola.

Dario Mariotti