Percorsi di cibo, di libri e di cammino

Prendersela con l’acqua minerale fa scrivere libri bellissimi

Il libro di Gianfranco Pacchioni W la CO2 Possiamo trasformare il piombo in oro?, Bologna, Il Mulino, 2021, pp. 206, è un libro bellissimo. Il titolo e la copertina, forse eccessivamente disinvolti, non fanno presagire la straordinaria varietà di temi, l’accuratezza dei riferimenti, la leggibilità (per chi ha qualche rudimento di chimica generale) di questo…

Il libro di Gianfranco Pacchioni W la CO2 Possiamo trasformare il piombo in oro?, Bologna, Il Mulino, 2021, pp. 206, è un libro bellissimo. Il titolo e la copertina, forse eccessivamente disinvolti, non fanno presagire la straordinaria varietà di temi, l’accuratezza dei riferimenti, la leggibilità (per chi ha qualche rudimento di chimica generale) di questo volume.

L’A. è docente di Chimica dei Materiali a Milano Bicocca, Accademico dei Lincei, attivo nel campo della chimica teorica e computazionale. Sostiene che il bisogno di scrivere questo libro gli è stato impellente quando, davanti alla TV “A un certo punto compare una pubblicità di una nota marca di acque minerali, in cui si vanta un grande impegno per salvare il pianeta, e non meglio chiarite azioni per ridurre del 16% […] le emissioni di CO2. Certo, penso, questa è buona: pubblicizzare come attività ‘verde’ quella di mettere della banale acqua in bottiglie di polietilene tereftalato (PET), straordinario polimero che si ottiene dal petrolio producendo CO2, è un miracolo di ipocrisia. Senza contare che le bottiglie vengono trasportate a distanze abissali da dove l’acqua è stata imbottigliata con relative emissioni di gas di scarico e ovviamente diCO2. ll tutto per sostituire un prodotto che sgorga direttamente dal rubinetto e che, almeno nella gran parte dei comuni italiani, ha qualità chimico-fisiche e batteriologiche del tutto simili a quelle delle acque minerali in vendita”. (Cit. p. 9).

Da questa considerazione, quasi una rivolta contro l’ecologismo di maniera, sostanzialmente manipolatorio, prende avvio il viaggio del Prof. Pacchioni caratterizzato dalla fiducia nelle capacità del pensiero scientifico di individuare le possibili strade del progresso e rimediare allo scempio di risorse che l’uomo ha compiuto dalla rivoluzione industriale in poi.

L’A. porta una solida base di dati a conferma del fatto che l’aumento di CO2 dovuto all’uso di idrocarburi che forniscono energia a basso costo e ai processi industriali grandi (come nel caso dell’industria del cemento), sia alla base del riscaldamento globale e del cambiamento climatico. Ma è convinto che la via d’uscita all’aumento di CO2  non risieda nella trazione elettrica o nella riduzione delle emissioni, che pure devono essere perseguite, ma in un salto di tecnologia che potrebbe portare, sul modello di quanto avviene nel mondo vegetale, all’utilizzo produttivo dell’anidride carbonica.

L’A. individua nell’idrogeno derivato da elettrolisi dell’acqua, utilizzando energia elettrica fornita da fonti rinnovabili, una strada promettente per recuperare anidride carbonica dall’atmosfera e estrarne il valore energetico intrinseco. Percorso tutt’altro che scontato, ricco di incognite che richiederà studio, tentativi, verifiche, intuizione e ingegno. Gli ingredienti che hanno fin qui garantito il progresso.

Il libro è un manifesto della fiducia nella scienza, fiducia nel metodo scientifico e negli artefici del progresso. Le pagine più felici del libro sono quelle nelle quali si tratteggiano le figure degli scienziati che nel passato, grazie all’intelligenza ed al coraggio, hanno consentito il progresso di tutti.

Ma le pagine nelle quali Pacchioni tratteggia le ipotesi di evoluzione dell’atmosfera nell’arco di miliardi di anni, o quelle nelle quali descrive con adesione emotiva palpabile, la meravigliosa complessità della fotosintesi nelle foglie, danno la vertigine e ne fanno una lettura avvincente.

L’umanesimo illuministico di Pacchioni [la definizione è nostra], richiama costantemente alla responsabilità dei comportamenti individuali: “La sola produzione mondiale di cibo, 2,6 miliardi di tonnellate all’anno, genera 1,3 miliardi di tonnellate di rifiuti, per metà domestici e per ‘altra metà derivante dai processi produttivi e distributivi” (Cit. p. 157) ed è uno straordinario invito all’esercizio dell’intelligenza. Intelligenza non presuntuosa e snob, ma profondamente umana, che fatica ogni giorno per non sottostare alle suggestioni interessate.

“Purtroppo, la sostenibilità energetica e climatica, da problema serio e reale, sta diventando una fantastica opportunità commerciale. […] Importanti aziende energetiche che propongono sfacciatamente di risolvere il problema della troppa CO2 bruciando metano anziché petrolio, come se il metano non fosse un combustibile fossile. Banali detergenti per la casa, miscugli di tensioattivi e candeggianti chimici, colorati in verde e reclamizzati per mamme ecologiche come fossero la chiave per un mondo più pulito. Per non parlare delle acque minerali con cui ho aperto questo libro, il cui progetto di comunicazione si chiama ‘Una scelta sostenibile’ in cui prodotti sono definiti ecogreen, e il cui messaggio televisivo è affidato a un campione di bike trial noto per i suoi interventi in televisione contro il degrado ambientale. Ma che dimentica di dire che in Italia grazie alla pubblicità martellante si è passati da 5 miliardi di bottiglie di plastica usa e getta nel 2009 agli oltre 10 del 2019 con buona pace della CO2 emessa, le microplastiche generate e via discorrendo.” (Cit. p. 202)